Le forze schierate da Cesare erano così disposte: la legione X all'ala destra sotto il comando di Publio Cornelio Silla, le legioni VIII e VIIII (queste ultime due con numero di effettivi dimezzati) all'ala sinistra sotto il comando di Marco Antonio; al centro le restanti cinque legioni, tra cui la legio XI e la legio XII (agli ordini di Gneo Domizio Calvino) per un totale di ottanta coorti; oltre a due/sette coorti a guardia del campo,per un totale di 22.000 fanti e 1.000 cavalieri.E tutto andò secondo il disegno di Cesare: Pompeo schierò la sua fanteria pesante in formazione allargata per impressionare il nemico, e, non appena iniziò la battaglia, Labieno mosse la sua cavalleria all'attacco del lato destro, mentre il grosso della fanteria di Cesare guidato da Marco Antonio attaccò il centro dello schieramento nemico, rimasto, per ordine di Pompeo, fermo ad aspettare la carica nemica. Quando la cavalleria di Labieno venne a contatto con l'ala destra dell'esercito di Cesare, questi fece muovere la riserva e stringere i cavalieri avversari in una tenaglia: l'unica possibilità di salvezza per Labieno e i suoi fu la ritirata.Con la ritirata di Labieno e la perdita di due fronti su tre, Pompeo considerò perduta la battaglia e si ritirò insieme a tutto lo stato maggiore. In questo modo salvò la sua vita e quella di tutti i suoi ufficiali (tranne Lucio Domizio Enobarbo), ma perse quella di 15 000 soldati, mentre le perdite di Cesare ammontarono in tutto ad appena duecento uomini.
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